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E’ solo un altro anno che passa, in fondo.

Ecco, è di nuovo cambiato tutto.

E’ solo un altro anno che passa, in fondo.

Ho ucciso la maggior parte del tempo ad osservare i giorni alterni morire, così di petto che arrivo ad un punto di non ritorno e decido che inevitabilmente qualcosa deve ricomporsi, dentro di me. Va bene, sono fottutissime parole, ma da qualche parte bisogna pur iniziare. E il rispetto per me stesso penso sia da riconsiderare da zero.

Vorrei tracciare con una sottilissima matita la curva di questa mia estate, e di questo mio settembre, e di questa mia malatissima voglia di serenità. Sarebbero tre scarabocchi penso, di quelli che dai un pennarello nero in mano ad un bimbo di due anni, ed un foglio bianco.

Ho bisogno di partire e di non tornare più, ho bisogno di tempo, di sputare tutta l’angoscia accumulata, di sputarla lontana. E di respirare e respirarmi a pieni polmoni. Eppure sono un fumatore, brutto segno. Sarà mai possibile che il tempo permetta alle mie stesse gambe di reggermi, quel poco che basta perchè i muscoli (e includo anche il più involontario) si ricostruiscano?

Ho fiducia, alla fine. Mi dimostro debole a me stesso, troppo spesso, ma non sono così deluso alla fine.

Sono semplicemente schifato. Mi viene da vomitare.

Sento che devo fare un po’ di pace. Col cielo, con me stesso.

Ma quando resta uno spazio vuoto, siamo così sicuri che la cura debba venire solo da noi stessi?

A volte non ce la si fa da soli, non a caso esistono miliardi di esseri umani al mondo. Eva sarebbe mai sopravissuta con il suo solo stomaco?

Ecco, un rifugio c’è. Ed è quel rifugio sublime che racconta tutto e niente, che fa piangere e saltare, che fa sudare e fa anche male da morire. Soprattutto fa male da morire. Che ci trapana i timpani ovunque, ovunque c’è. Ci ho provato sempre, quando sentivo di preferire la discesa alla salita, a confondermi con lei, a sporcare fogli di parole per sentirmi dentro di lei, di lasciarmi invadere il sangue e i battiti, di lasciarmi portare via e di sentirmi quasi in colpa di doverla salutare, prima di sognare, la notte.

E aprire gli occhi e farmi accompagnare per la strada, a passi rapidi, per illudermi di andare forte.

Ma è bellissima la vita, cazzo. Prima o poi ti insegna a sorridere, penso sia solo un discorso di attese.

Vorrei continuare a inventarmi esperienze e sorrisi da condividerci e da farti mangiare.

Vorrei rubarti gli occhi, e a volte sostituirli con i miei per vedere ciò che non vedo. Perché qui dietro, qualcosa esiste.

Ho sempre preferito non capire, non saper spiegare. Davvero spesso si sente di dover soffrire per dare il giusto valore alle cose. E spesso è vero, è necessario. ma stavolta no, non serve giustificarsi dietro alle ombre che ognuno si porta con sè.

C’è odore di silenzio. C’è odore di autunno e di foglie secche. C’è odore di acqua sporca e di vento umido. C’è odore di maschere defunte e di cicatrici rosse. C’è odore di paura, di rancore e di ricerca. C’è odore di sole, e di ombra, e di una giornata fantastica, e di un fuoco fastidioso.

Che brucia via tutto.

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Ho visto…

…la luna specchiarsi nel mare in una calda notte d’estate.
…ospedali pieni di gente che sorride e città piene di gente con facce spente e infelici.
…persone vestirsi in modo assurdo quando è così bello essere così profondamente diversi.
…l’attimo in cui il nonno, sul suo letto, se ne stava andando per sempre.
…il vero amore di due ragazzi che si baciavano in centro a Milano.
…un’anziana affaticata che aspettava di attraversare la strada mentre nessuno si curava di farla passare.
…amici cambiare strada, anche se so che ci penserà la vita a far tornare chi dovrà.
…bambini correre per il parco, felici che trasmettevano un’irrefrenabile voglia di vivere.
…persone ridere fino a star male e persone stare male senza trovare nessuna forza per accennare un sorriso.
…persone deformarsi per la solitudine quando, in realtà, nessuno è solo. Tutto dipende da noi.
…paure distruggersi col tempo e il tempo distruggere ricordi, circondandoli di cicatrici indelebili.
…un cielo pieno di stelle, in mezzo ad una valle, mentre “Somewhere over the rainbow” mi cullava, scoprendo la gioia della libertà.
…una mamma cullare un bimbo pensando che ci vuole un tempo infinito per crescere. E forse non si smette mai.
…un oceano scatenato e con lui il vento che mi hanno ricordato quanto siamo fragili.
…la bara della nonna che, solo appoggiandoci una mano, mi ha trasmesso una serenità senza fine.
…le impronte di due ragazze sulle sabbia, pensando che in fondo è solo questo ciò che resterà di noi.
…sguardi che valgono più di mille parole.
…abbracci infiniti di chi, con me, ha da finire qualcosa.
…che tutto ciò che si fa prima o poi ti torna indietro.
…che la nostra unica certezza siamo noi stessi.
…che chi ti vuole bene davvero si vede nei momenti più buii, anche se pochi li sanno cogliere.
…la musica entrarmi dentro per non uscire più.
…allo specchio, il riflesso di una mia lacrima sulla guancia quando ho sentito per la prima volta la mia ultima canzone finita.
…che saper ascoltare è l’attività più difficile della terra.
…che, una volta che affondi, sai godere ogni singolo attimo di quello che c’è.
…che non ha senso capirci qualcosa. Il destino ci porta sempre dove vuole lui.
…che per quanto si provi a cambiare, si rimane sempre gli stessi.
…che per quanto tu stia morendo dentro, il mondo non si ferma nemmeno un secondo ad aspettarti.
…me stesso perdermi in un sogno.

E solo i sogni sono veri.

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