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Tra le due e le tre e trentatré, silenzio

Ed è un attimo appena e mi fai già stare bene. Sembriamo quasi in equilibrio perfetto, sempre in punta di piedi a fare a gara chi per primo cade giù.
Se ti va, potresti prendermi in pugno il cuore e masticarlo avidamente così che scenda vicino al tuo. Io, da qui ti annuso tra la polvere e non ho il coraggio di non continuare.
E mi fai sollevare, e mi devasti e mi sbatti la faccia contro la tua. E ti guardo guardarmi, ed è bellissimo incantarsi, aggrapparsi, camminare fino a perdersi, sempre.
Tu che forse sei già qualcuno, tu che mi ricordi il vento e l’odore delle lenzuola fresche, tu che ti piaci e mi piaci, tu che fai sorridere pensandoti già dentro.
E’ che quando incrocio la tua stessa direzione, scelgo il posto affianco al tuo, mi siedo ed è come un viaggio nel viaggio. Mi hai ipnotizzato in uno schiaffo di ossigeno puro, intubato a un letto in una gelida mansarda.
Mi ero promesso il silenzio, di socchiudermi la bocca a stare zitto. Invece no.
Rimani dietro, sul fondo, con le spalle inchiodate al muro, come in segno di pentimento. Per disposizione sparisci, e lasci solo rumore e armonia allo stesso tempo.
Sono semplicemente sorpreso come sia ora il momento di sbatterti la porta dritta in faccia, a spaccarti le labbra e farti bere il sangue che anche a me hai fatto assaggiare, amaro, senza pensare a quanto avrebbe potuto fare male non fermarsi a guardare una sola volta in più. Come un equilibrista, a centomila metri dal suolo, muovo qualche passo lento, sui nervi tesi e le cellule cerebrali arruffate, come i miei capelli ed i tuoi, anche. Ho attraversato la notte, così tanto, e di questo, e quello, e di noi?

SILENZIO.


FALL // E’ ora di sbriciolarsi, come petali dell’autunno. Siamo molecole di luce e buio, siamo valigie, particelle in volo del nulla che ho sognato per te.


ADDICTION // Vertigini, voragini, uragani di note, entrare dentro e sentirmi libero di legarci in catene.


BLINDNESS // E’ stato il tuo riflesso a raccontarmi favole di cenere, che tutto guarda sempre al cielo, che anche l’apocalisse avrà con se l’odore del tuo nome.


MIRRORED // Mi sussurravi adagio, mi uccidevi piano. Mi hai regalato croci da trasportare, sangue da respirare, l’immenso e le mani per soffocarmi sempre.


EVANESCENT // Impossibile comprendere che resta. Non combaciano le orme con i passi. Anche i bordi i più precisi della notte si disperdono lasciandoci qui niente.


LOVE? // Le onde a riva scambiandosi ad inerzia, che ci sfiorano sporcandoci di vita. Sto contando le frequenze positive tra carezze che tirano a salvarsi.


BUTTERFLIES // E scambiarci gli occhi per fare l’amore, e toccarci per capire cosa siamo. Soffocarci di respiri per sentirci in aria semprevento.


FEMME FATALE // Guardandoci attraverso, colpiti da desertici raggi di gelo. E’ stata la preannunciata guerra, proiettili e sassi a squartarci come stracci.


SOMEWHERE BETTER // Gocce di alchimia, colorate del sole quando va a morire. Disegnarci segni riempendo d’incertezza i gesti, mentre tendi all’infinito dove puoi trovarti il senso.


THE EDGE OF US // C’è una gioia insipida quando mi annusi, poi mi ritrovi in ogni atomo ed è già tardi per restare.

Un progetto di fotografia che ho scelto di chiamare, appunto, "SILENZIO".
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Maledetto sia io // Lasciaci ballare

Strade ruvide che scorrono sotto il mio culo. In cielo pennellate del crepuscolo, oramai il sole sta morendo da un bel pezzo.
Maledetta sia la radio e la pubblicità, che quando hai voglia di una bella canzone, sei rilegato ad ascoltare la demenza.

Non mi fai ancora bene. Da fuori non lo vedi più. Te lo prometto.

Maledetto sia il silenzio, e il profumo di Milano, che quando apri la finestra entrano i clacson e le ambulanze. Che ascoltarle capita sempre di amare il mio sangue a maggior ragione.
Maledetta sia l’abitudine di pensare, e la mia ossessione a cercare risposte, che non è ora tempo di subire.

E’ che dà fastidio restare in equilibrio, con una scarpa allacciata e un piede ancora scalzo. 
E poi cadere in piedi, e sgretolarsi per forza una metà.

Maledetto sia il freddo, e le mani congelate, e i piedi sotto il piumone che strofino alternativamente contro i polpacci. Ad Ottobre.
Maledetta sia la tua mancanza, non tanto per quello che resta ma per quello che domani speravo di te.
Maledetti siano i film, e gli attori che piangono. Che a volte mi piacerebbe saperli imitare.
Maledetta sia la mia pancia gonfia, che mi siedo e vorrei strapparti via, come strappo gli scontrini del supermercato.
Maledetta sia la copertina di “Nessuno si salva da solo”. Che sopra la dolcezza, c’è la verità che di me non vuoi mai credere.

E penso che avremmo dovuto fare ancora tanto.
Non sarà più quel tanto che è racchiuso in cinque lettere.
E ci penso io a darmi ancora un senso se proprio non c’è tempo di restare.

Maledetto sia questo lungo inverno, che per noi è già iniziato, e che se esci col maglione pensi subito di avere già sbagliato tutto.

Maledetto sia anche il vento, che mi porta gli odori e l’aria umida che mordeva con me le tue piccole labbra bellissime. Che tanto ti dava i brividi lo sfiorarti sulla schiena. E lo stringerti i capelli tra le dita.
Maledetta sia l’acqua gelida, che mi scivola addosso non appena accendo la doccia, e che è bellissimo quando ancora avverti le braccia bruciare.
Maledetta sia la velocità di una sigaretta, della luce che arriva alle sei la mattina. Del buio in generale.
Maledetto sia il mio cuscino, e il sudarsi che ricordo bene. E la voglia.
Maledetta sia l’abitudine di perdersi, la fame prima di andare a letto. La claustrofobia di un abbraccio. Che lascia la maglietta stropicciata e i muscoli stanchi.
Maledetta sia la collezione di parole, che ho mani lente e fragili. E i miei battiti che vorrei regalarteli, che li consumassi stritolandoli con gli occhi.

Non fai ancora bene. Non me ne accorgo più.
 Dentro, per favore, lasciaci ballare.

E che maledetto sia io.

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E’ solo un altro anno che passa, in fondo.

Ecco, è di nuovo cambiato tutto.

E’ solo un altro anno che passa, in fondo.

Ho ucciso la maggior parte del tempo ad osservare i giorni alterni morire, così di petto che arrivo ad un punto di non ritorno e decido che inevitabilmente qualcosa deve ricomporsi, dentro di me. Va bene, sono fottutissime parole, ma da qualche parte bisogna pur iniziare. E il rispetto per me stesso penso sia da riconsiderare da zero.

Vorrei tracciare con una sottilissima matita la curva di questa mia estate, e di questo mio settembre, e di questa mia malatissima voglia di serenità. Sarebbero tre scarabocchi penso, di quelli che dai un pennarello nero in mano ad un bimbo di due anni, ed un foglio bianco.

Ho bisogno di partire e di non tornare più, ho bisogno di tempo, di sputare tutta l’angoscia accumulata, di sputarla lontana. E di respirare e respirarmi a pieni polmoni. Eppure sono un fumatore, brutto segno. Sarà mai possibile che il tempo permetta alle mie stesse gambe di reggermi, quel poco che basta perchè i muscoli (e includo anche il più involontario) si ricostruiscano?

Ho fiducia, alla fine. Mi dimostro debole a me stesso, troppo spesso, ma non sono così deluso alla fine.

Sono semplicemente schifato. Mi viene da vomitare.

Sento che devo fare un po’ di pace. Col cielo, con me stesso.

Ma quando resta uno spazio vuoto, siamo così sicuri che la cura debba venire solo da noi stessi?

A volte non ce la si fa da soli, non a caso esistono miliardi di esseri umani al mondo. Eva sarebbe mai sopravissuta con il suo solo stomaco?

Ecco, un rifugio c’è. Ed è quel rifugio sublime che racconta tutto e niente, che fa piangere e saltare, che fa sudare e fa anche male da morire. Soprattutto fa male da morire. Che ci trapana i timpani ovunque, ovunque c’è. Ci ho provato sempre, quando sentivo di preferire la discesa alla salita, a confondermi con lei, a sporcare fogli di parole per sentirmi dentro di lei, di lasciarmi invadere il sangue e i battiti, di lasciarmi portare via e di sentirmi quasi in colpa di doverla salutare, prima di sognare, la notte.

E aprire gli occhi e farmi accompagnare per la strada, a passi rapidi, per illudermi di andare forte.

Ma è bellissima la vita, cazzo. Prima o poi ti insegna a sorridere, penso sia solo un discorso di attese.

Vorrei continuare a inventarmi esperienze e sorrisi da condividerci e da farti mangiare.

Vorrei rubarti gli occhi, e a volte sostituirli con i miei per vedere ciò che non vedo. Perché qui dietro, qualcosa esiste.

Ho sempre preferito non capire, non saper spiegare. Davvero spesso si sente di dover soffrire per dare il giusto valore alle cose. E spesso è vero, è necessario. ma stavolta no, non serve giustificarsi dietro alle ombre che ognuno si porta con sè.

C’è odore di silenzio. C’è odore di autunno e di foglie secche. C’è odore di acqua sporca e di vento umido. C’è odore di maschere defunte e di cicatrici rosse. C’è odore di paura, di rancore e di ricerca. C’è odore di sole, e di ombra, e di una giornata fantastica, e di un fuoco fastidioso.

Che brucia via tutto.

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Semprevento

...come quando ti senti vento.

GIULIO VOLPE – SEMPREVENTO

Non sentivi quella luna farsi muta
Con gli sguardi sparava solo brividi
Ci ha indicato con un raggio un viaggio strano
E il posto non lo scegliamo mai da noi

Nel difenderci ho inventato serrature
E oscurate per paura della luce
Sigillato con sale le ferite
Non sempre ma è bello anche morire

E scambiarci gli occhi per fare l’amore
E toccarci per capire cosa siamo
Soffocarci di respiri per sentirci in aria sempre vento

Non è il tempo che cambia la sostanza
La melodia resta sincronizzata
Con il battere incalzante nello stomaco
Traccio intrecci tra la mia e la tua strada

Le onde a riva scambiandosi ad inerzia
Che ci sfiorano sporcandoci di vita
Sto contando le frequenze positive
Tra carezze che tirano a salvarsi

E scambiarci gli occhi per fare l’amore
E toccarci per capire cosa siamo
Soffocarci di respiri per sentirci in aria sempre vento

E saltare a vuoto dalle stelle
Perché a volte il senso è nel coraggio
Soffocarci di respiri per scoprirci in un perenne viaggio

Che deraglia, ritorna
Ci stanca e dà forza
Trasforma impaziente con impeto d’onda
Con soste a fermate a noi sconosciute
Ci sbriciola addosso il sapore di stanze socchiuse

E scambiarci gli occhi per fare l’amore
E toccarci per capire cosa siamo
Soffocarci di respiri per sentire addosso dove andiamo

...dove andiamo?
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Nudo a stento

In un momento in cui tracciavo la mia geografia...

GIULIO VOLPE – NUDO A STENTO

Sulle mani traccerò i percorsi lenti e stanchi
Di questo desiderio spento, piogge di malinconia
E sto bene anche domani con in tasca poche briciole
Ma che sanno di alchimia

Ho bagnato di sudore anche le fotografie
Anche te che mi hai vestito di passioni fuori fuoco

Intrepido dipingo te
Qui fermo e nudo a stento
Che la poesia degli angeli
Saprà portarti via
Prima di qualsiasi inverno
Che ci rende il fuoco cenere
Appenderò a stendere anche me

Solo i treni in equilibrio sanno quale strada correre
Ho inchiodato i miei respiri ai tuoi sussurri trasparenti
Io lontano dal tuo tempo camminavo trascendente
Tu sporcandomi di vuoto mi hai saputo dare il vento

Ho bagnato di sudore anche le fotografie
Anche te che mi hai vestito di passioni fuori fuoco

Intrepido dipingo te
Qui fermo e nudo a stento
Che la poesia degli angeli
Saprà portarti via
Prima di qualsiasi inverno
Che ci rende il fuoco cenere
Appenderò a stendere anche me

Eppure c’è la primavera
Che la luce sa soffondere
Sa confonderci e disperdere
Incollarci in faccia maschere
E sorprenderci a ripetere
Ancora un equilibrio instabile
Del gettare all’aria fulmini
A puntare tutti al cuore

Intrepido dipingo te
Qui fermo e nudo a stento
Che la poesia degli angeli
Saprà portarti via
Prima di qualsiasi inverno
Che ci rende il fuoco cenere
Appenderò a stendere anche me

...anche te.
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Ho visto…

…la luna specchiarsi nel mare in una calda notte d’estate.
…ospedali pieni di gente che sorride e città piene di gente con facce spente e infelici.
…persone vestirsi in modo assurdo quando è così bello essere così profondamente diversi.
…l’attimo in cui il nonno, sul suo letto, se ne stava andando per sempre.
…il vero amore di due ragazzi che si baciavano in centro a Milano.
…un’anziana affaticata che aspettava di attraversare la strada mentre nessuno si curava di farla passare.
…amici cambiare strada, anche se so che ci penserà la vita a far tornare chi dovrà.
…bambini correre per il parco, felici che trasmettevano un’irrefrenabile voglia di vivere.
…persone ridere fino a star male e persone stare male senza trovare nessuna forza per accennare un sorriso.
…persone deformarsi per la solitudine quando, in realtà, nessuno è solo. Tutto dipende da noi.
…paure distruggersi col tempo e il tempo distruggere ricordi, circondandoli di cicatrici indelebili.
…un cielo pieno di stelle, in mezzo ad una valle, mentre “Somewhere over the rainbow” mi cullava, scoprendo la gioia della libertà.
…una mamma cullare un bimbo pensando che ci vuole un tempo infinito per crescere. E forse non si smette mai.
…un oceano scatenato e con lui il vento che mi hanno ricordato quanto siamo fragili.
…la bara della nonna che, solo appoggiandoci una mano, mi ha trasmesso una serenità senza fine.
…le impronte di due ragazze sulle sabbia, pensando che in fondo è solo questo ciò che resterà di noi.
…sguardi che valgono più di mille parole.
…abbracci infiniti di chi, con me, ha da finire qualcosa.
…che tutto ciò che si fa prima o poi ti torna indietro.
…che la nostra unica certezza siamo noi stessi.
…che chi ti vuole bene davvero si vede nei momenti più buii, anche se pochi li sanno cogliere.
…la musica entrarmi dentro per non uscire più.
…allo specchio, il riflesso di una mia lacrima sulla guancia quando ho sentito per la prima volta la mia ultima canzone finita.
…che saper ascoltare è l’attività più difficile della terra.
…che, una volta che affondi, sai godere ogni singolo attimo di quello che c’è.
…che non ha senso capirci qualcosa. Il destino ci porta sempre dove vuole lui.
…che per quanto si provi a cambiare, si rimane sempre gli stessi.
…che per quanto tu stia morendo dentro, il mondo non si ferma nemmeno un secondo ad aspettarti.
…me stesso perdermi in un sogno.

E solo i sogni sono veri.

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CieloSerenoConVento

T’ho vista piegarti nel vento, come un albero,
mantenendo sempre la tua maestosa dignità.
T’ho vista attraversare un cielo
con la stessa serenità
che m’hai sempre insegnato.

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